La persona non è un
eremita
che scava la sua caverna nel vasto universo,
ma un turbine
vivente
fatto per percorrerlo e per impossessarsene, come il vento”
(E MOUNIER, Trattato del
carattere, cap. IX, p.599, ed. Paoline, MI, 1990).
Conoscere il personalismo di Mounier... |
Alla vigilia dei 110 anni dalla sua
nascita e dei 65 anni dalla sua morte improvvisa vorrei dedicare alcuni post
ad Emmanuel Mounier (1905 – 1950), un filosofo a cui debbo moltissimo pur non
avendolo mai conosciuto, lui vivente, per questioni anagrafiche… Un filosofo non
accademico cattolico militante, un filosofo sui generis “debole in
filosofia ma non nell’amore per essa”, un suscitatore di vocazioni spesso
snobbato dagli ambienti accademici, visto con sospetto da certa gerarchia
ecclesiastica e tuttavia uomo che ha fortemente influito sulle
generazioni e sulla cultura della seconda metà del 900.
... significa ritrovare le radici di un albero ... |
Attorno alla rivista Esprit da lui
fondata nel 1932 ed alla sua proposta personalista e comunitaria ha riunito
filosofi, teologi, sociologi, politici, artisti, uomini e donne come Buber,
S.Weil, Merlau-Ponty, Berdiaev, Lacroix, Domenach, Borne, Ricoeur,
Danielou, De Rougemont, Ulmann, Veritè, Marrou, Bazaine…,
con forti riscontri culturali, soprattutto nella seconda metà del
900, in Francia, Polonia, Italia ( Dossetti, gruppo del Gallo a Genova,
Comunità di Olivetti…), nel Concilio Vaticano II e nella visione filosofica di
Giovanni Paolo II.
...un albero dai molti rami ...
E’ impossibile
in pochi post un resoconto sistematico ed esaustivo del suo filosofare: vorrei
semplicemente offrire alcuni spunti, sollecitazioni, magari qualche
provocazione sulla sua avventura spirituale e culturale, la filosofia
centrata sulla persona e sulla comunità (non astratta né accademica ma vissuta
nel concreto dell’urgenza dell’azione, della testimonianza e dell’impegno come
"engagement"), la sua vicenda umana di padre, colpito
dalla malattia inguaribile di una figlia, che si chiede quale senso abbiano la
sofferenza ed il dolore.
Nel
primo articolo di Esprit dell’ottobre 1932 invoca l’urgenza di “REFAIRE LA
RENAISSANCE” e di "RISCOPRIRE LA GIOVINEZZA", per ricominciare da
capo di fronte ad una civiltà in sfacelo. Quante volte nelle sue lotte farà
appello alla virtù dell’"eterna infanzia", alla freschezza della gioventù! Il grido
della giovinezza che bisogna intendere è “quello della giusta
collera e dell’amore e non il mormorio dei concetti ben ordinati, quella non
determinata dall’età della carne ma quella che trionfa sulla morte delle
abitudini ed alla quale accade che si pervenga se non lentamente negli anni:
questa fa il pregio dell’altra giovinezza e ne giustifica la sua
irruzione un po’ violenta nei ranghi calmi degli adulti. […]
Se a quest’età
l’uomo che nasce non nega con tutte le sue forze, non s’indigna con tutte le
sue forze, se si preoccupa di note critiche e un po’ troppo di armonie
intellettuali prima di avere sofferto il mondo in se stesso fino al grido,
allora è un povero essere, un’anima bella che già odora di morte”.
Giovinezza
dello spirito dunque che decide di non tacere mai di fronte a decisioni altrui
che ci rendono meno cittadini e più sudditi: tenera verso le
persone, intransigente contro i conformismi, abitudini,
pregiudizi; giovinezza che non si preoccupa né di deferenze né di
referenze, che conosce l'avventura ed il dono senza calcolo.
E coerentemente Mounier quattro anni prima, nel 1928, così aveva scritto in una lettera a J. Guitton: “io voglio accogliere e donare: è tutto”.
... un albero che può ridare colore ... |
... un albero che può ridare freschezza ... |
E coerentemente Mounier quattro anni prima, nel 1928, così aveva scritto in una lettera a J. Guitton: “io voglio accogliere e donare: è tutto”.
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