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giovedì 16 giugno 2016

Massimo Cacciari e la Trinità di Andrej Rublëv.

Post di Rossana Rolando.

Andrej Rublëv, 
Trinità o Ospitalità di Abramo

Il primo saggio di Massimo Cacciari, contenuto in Tre icone, Adelphi, Milano 2013 (libro già citato nei post Piero della Francesca, Resurrezione e Jan van Eyck, Il ritratto dei coniugi Arnolfini), è dedicato alla Trinità di Andrej Rublëv. Si tratta di uno scritto denso, con un’intensità di pensiero che travolge. Molti sono gli aspetti esaminati. Tutti però possono considerarsi modulazioni differenti di un’unica tesi di fondo. Provo a dirla sinteticamente. L’icona della Trinità esprime in maniera unica, nello sviluppo storico dell’arte, la Vita divina come pienezza di bene, di luce, di gioia, di pace, di amorosa relazione: una Vita che, dall’eternità e per l’eternità, supera in sé qualsiasi terrena lacerazione, sofferenza, separazione e contiene in sé - in forma ideale e sovrumana, sottratta ad ogni contingenza temporale - tutto ciò che di bello e di buono può manifestarsi  nella storia del mondo.
Andrej Rublëv, 
Trinità
particolare (Figlio)
Questa tesi viene ripresa in varie forme. Scelgo quella che mi pare centrale e che si rifà alla stessa origine dell’icona di Rublëv. Si tratta del bellissimo episodio, raccontato nel passo di Genesi 18, 1-15, in cui tre uomini - tre angeli - si presentano ad Abramo presso le Querce di Mamre ed egli riconosce in loro il Signore Dio e, in fretta, prepara quanto occorre per ospitarli: la focaccia impastata da Sara, il vitello tenero, il latte fresco… Abramo vede nello Straniero il Volto divino: quei tre viandanti bisognosi di sostare presso la sua tenda per rifocillarsi e riposarsi sono messaggeri divini. E proprio a causa di questo ri-conoscimento, che trova il suo prezioso frutto nell’ospitalità, Abramo e Sara non saranno più sterili, potranno dare alla luce un figlio nonostante l’età avanzata e  generare nuova vita.
Andrej Rublëv, 
Trinità
particolare (Spirito)
L’icona della Trinità non accenna in alcun modo a questa umanissima vicenda di Abramo e Sara da cui pure trae ispirazione. Essa, come si è detto, rappresenta tre Persone - tradizionalmente distinte nel Padre a sinistra, nel Figlio al centro e nello Spirito Santo a destra - collocate all’interno di un invisibile cerchio, simbolo di perfezione, di quel tutto abbracciante in cui sono da sempre raccolte. In mezzo a loro il calice che - nel Figlio - porta a compimento il disegno salvifico del Padre. I colori delle vesti condensano la ricca simbologia di tutta la scena: oro della regalità, blu della divinità, rosso del sacrificio, verde della vita piena promessa a tutti gli uomini.
Andrej Rublëv, 
Trinità
particolare (Padre)
Verso il Padre inclinano il capo le due altre divine Persone, in una Unità armoniosa che fa dei tre distinti Volti un unico Dio. L’icona rappresenta - in una forma assoluta, non legata a un determinato tempo e spazio, non limitata, non corruttibile - la reciproca Ospitalità, la Pace infinita, l’Accordo armonioso che non viene mai meno.
Perciò in essa non può trovare spazio il racconto di Abramo e Sara, perché non vi può essere nell’idea della relazione divina nulla di contingente, di passeggero, di terreno. L’esperienza umana dell’incontro con l’altro è ambigua: porta con sé la possibilità della chiusura, della separazione, dell’inimicizia e non solo quella dell’ospitale apertura di Abramo. Nell’icona invece ogni possibilità negativa è da sempre e per sempre superata. Nessuna lacerazione può minacciare l'essenza del vicendevole Amore, nessun turbamento può toccare la Vita intradivina del reciproco riconoscimento.
Andrej Rublëv, 
Trinità, particolare
In questa pienezza di bene, di gioia, di valore – raffigurata dai tre uomini in dialogo tra loro – sta tutta la forza attrattiva della rappresentazione.  
E’ l’immagine del divino che non entra violentemente in lotta con il male, né si propone in modo predicatorio e moralistico, ma semplicemente si mostra nella sua trascendente bellezza e, 'solo' in questo rendersi visibile, si fa appello alla conversione e promessa di redenzione.

Andrej Rublëv, Trinità o Ospitalità di Abramo

5 commenti:

  1. Grazie.Queste parole sono di conforto e ci invitano a posare il nostro sguardo proprio là dove possiamo trovare le ragioni della nostra speranza. Grazie Patrizia

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  2. Grazie.Queste parole sono di conforto e ci invitano a posare il nostro sguardo proprio là dove possiamo trovare le ragioni della nostra speranza. Grazie Patrizia

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  3. Grazie cara Patrizia per la tua presenza qui e per le tue considerazioni. Non so quello che pensi tu. A me pare che le icone abbiano - per noi occidentali - un fascino tutto particolare e ci comunichino una sensibilità pittorica e religiosa tutta da scoprire. P. Florenskij, nel suo saggio edito da Adelphi, chiama le icone “porte regali”, luoghi di accesso al divino e all’eterno.Un abbraccio, Rossana.

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  4. Le icone sono porte regali! Definizione magnifica e aperta. Le icone magneticamente attraggono esercitando un fascino indefinito e preciso. Sarà per la simbolicità, per l'astrattezza che suscita però palpito vitale, sarà per l'appannaggio di sacralità dichiarata oppure per quella finitezza tutta umana, per quel contenimento nelle forme stilizzate di debordanti contenuti che esulano anche dalla piena comprensione se non assumendosi una docilità verso il mistero, verso un irragionevole sentire che agita e non placa, non colma mai l'anelito a capire. Ed è un magma di incompreso e di perturbante come marosi minacciosi e comunque esistenti in cui navigazione avviene.
    Aggiungo la doverosa citazione del film Andrej Rublev di Tarkovskj un'opera stupenda, film che dura ore ma un rapimento in dimensioni altre, cornucopia di metafore e riflessioni. Grazie, sempre, alla vostra attenzione rivolta al pensare costruttivo, al miglior pensare possibile.

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  5. Grazie Laura, sai sempre cogliere nel profondo ciò che volevamo esprimere ed aggiungere considerazioni di grande valore. Inoltre hai un modo di scrivere che è bellissimo. Non abbiamo visto il film, lo terremo presente. Buona domenica, Rossana.

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