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martedì 9 agosto 2016

Il bisogno di sicurezza.

Post di Rosario Grillo 
Iconografia di Rossana Rolando
Arianna Papini, 
Abisso, 
quadro, 2007
Cedo  per una volta alla moda corrente ed entro subito in media re” senza preamboli.
Le società umane, per naturale spirito di conservazione, hanno da sempre scelto la sicurezza. 
Il loro fine è stato raggiunto ogni volta, compatibilmente i nemici e/o i pericoli da tenere sotto controllo. Parzialmente o totalmente. 
Gli strumenti utilizzati, passati per il crogiolo dei sentimenti e della ragione, possono classificarsi sotto l’etichetta dell’ostilità o de l’ospitalità.
Nella prima, chiaramente, vanno distinti l’offesa (attacco) e la difesa. 
L’ospitalità, il più delle volte, nasce dall’accortezza di mitigare il pericolo ricorrendo alla diplomazia dell’adattamento fino al limite dell’accoglienza. Celebre in tal senso il realismo politico con cui gli imperatori romani distribuirono la cittadinanza ai popoli delle province per tenerli a bada e per averne appoggio, talvolta giungendo ad assimilarne alcuni caratteri.
Arianna Papini, 
La guerra divora il mondo, 2013
Machiavelli ha sintetizzato alla perfezione la delega necessaria che il cittadino deve dare, in questa materia, al consorzio sociale, di cui è parte, entro cui è riconosciuta, per il resto, l’autorità istituzionale. “Sopra a che dico come, essendo questa [l’arte militare] una arte mediante la quale gli uomini di ogni tempo non possono vivere onestamente, non la può usare per arte se non una repubblica o uno regno, e l’una e l’altro di questi, quando sia ben ordinato, mai non consenta ad alcuno suo cittadino o suddito usarla per arte” (citato in M.Viroli - Scegliere. Il principe - Laterza).
Paradigmatico l’argomento di Hobbes, che dalla paura della morte fa originare lo scarto razionale finalizzato ad  unificare  le volontà di tutti nella sottomissione al Leviatano.
Arianna Papini, 
Incanto, 2012
Dalla ricerca storico- antropologica risulta che anche le religioni sono una risposta al bisogno di sicurezza degli uomini.
Nell’interpretazione più riduttiva, le religioni sono state interpretate esclusivamente in questa funzione: da qui la definizione di “ottativo dell’essere umano (Feuerbach) e di “oppio dei popoli” (Marx).
Gli studi più profondi, ora d’impostazione teologica, ora da classificare nella sociologia delle religioni, hanno allargato il numero dei moventi al sentire religioso.
Tra questi moventi va annoverata la Libertà e, in particolare, dentro il Cristianesimo, riconosciuta come la religione universale che, più di tutte, ha contribuito a fortificare tale registro della condizione umana.
Non si tratta di fare classifiche tra le religioni mondiali, né, tanto meno, di celebrare la superiorità di qualcuna. Ormai il dialogo fra le religioni ha fatto passi avanti decisivi e l’ecumenismo, con la spinta decisiva di papa Francesco, si muove  dentro l’orizzonte de l’unico Dio, direi del bisogno spirituale primario, inestirpabile dalla  natura umana.
Arianna Papini, 
Nostalgia, 2012
Qual è questo bisogno spirituale? E’ quello di relazione, è Amore.
Bisogna solo trovare una conciliazione tra l’istinto di sopravvivenza, proprio di tutti gli esseri della natura, e questo bisogno di relazione, distribuito con proporzione geometrica dai piani bassi ai più alti, là dove si colloca l’essere umano.
Qui potremmo chiamare in causa la filosofia di Teilard de Chardin, ma non proseguo oltre perché confesso la mia scarsa conoscenza.
In ogni caso, è qui che s’incardina la libertà dell’uomo.
Quel nobile libero arbitrio che Pico  della Mirandola esaltò ne l’Umanesimo, che è narrato significativamente nell’episodio biblico della separazione dall’Eden.
Quale altro significato, infatti, esso nasconde se non la facoltà umana di discernere il bene dal male, e, stante i limiti dell’umana facoltà volitiva, di potersi decidere per il male (ambiguità della natura umana).
La nobiltà, la “degnità”, ricordiamolo, è inscritta nella relazione che l’uomo cerca con i suoi simili e con tutti gli esseri del Creato (Genesi,1,28 – Laudato sii).

Arianna Papini, Guerra!,
quadro, 2013
Così sul tema si esprime Vito Mancuso: “Mangiare il frutto dell’albero della conoscenza significa giungere a Ek-sistere, non ritrovarsi più nel circolo chiuso dell’esserci, sentire e capire che rispetto al proprio esserci si sporge all’infuori, e che in questo sporgersi si può anche precipitare, e la mente infatti talora avverte che se ne può andare via, lontana dal proprio corpo, ed anche dalla propria psiche, e che può giungere a non volere più essere  nel senso di non volere più ek-sistere, vuole mettere fine a questa sporgenza della punta più alta della propria energia, vuole tornare a conciliarsi con l’essere muto, ed essere come una cosa, come una pietra, non più ek-sistere, ma solo sistere, stare, e così vende la sua libertà, la consegna e in questo senso la tradisce, oppure talora persino la sopprime, uccidendosi. L’ek-sistenza libera è per definizione condizione inquieta, drammatica, a volte anche tragica!. (Io e Dio, p.142)
Arianna Papini, 
La Fame
La relazione si svolge all’insegna de l’Amore, è quindi provvista di capacità di cura.
Il “circolo amoroso” è vivere nello spirito del “ prendersi cura” degli altri. Carità, solidarietà, misericordia: sono facce dello stesso sentimento. Vi è acceso il fuoco che alimenta la nostra energia di vita, di creatività, di bellezza, di prossimità.
Con essa troviamo la forza e la ragione per superare il nostro ego, per andare verso l’altro.
Da questa fonte dobbiamo prendere la motivazione e registrare il principio “regolativo” per cercare sensatamente (cristianamente) sicurezza.
La vera sicurezza si ottiene attraverso l’ospitalità e l’accoglienza, è dotata, essa, della virtù della  “cura degli altri”.
La radice della parola: se-cura, non vuol indicare cura di sé, ma cura del Sé. Non una cura limitata egoisticamente al mio star bene, ma cura del Sé, dove il Sé indica il comune di tutti noi: modalità cosmico-universale.




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