La felice scelta di Repubblica per ricordare il centenario della nascita di Primo Levi.
Post di Rossana Rolando.
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Repubblica, 26 luglio 2019 |
La scelta di Repubblica è felice per diverse ragioni:
⭐ In primo luogo, perché il graphic novel
si ambienta in una scuola elementare di Torino – la Rignon - frequentata da
Levi nella sua infanzia e rivisitata nella finzione del racconto: egli ritorna
lì, chiamato dalla maestra, per narrare la propria storia, in un periodo che
precede di poco la sua morte (11 aprile 1987).
La scuola è il luogo privilegiato della
memoria, della resistenza all’usura del tempo e alla banalizzazione del passato.
Ad un bambino che in un primo momento paragona il lager alla scuola, in mezzo
alle risatine inconsapevoli dei
compagni, Primo Levi rivolge un deciso, severo “No”. E rimette subito in chiaro
le dimensioni e le distanze: da un’aula si entra e si esce; si hanno libri,
vestiti, cibo; in un’aula si impara ad essere liberi, ad aprire la mente e il
cuore: a questo servono le lezioni. Il lager è il luogo dei vestiti a righe che
riducono tutti al numero impresso sul braccio, delle scarpe dure e spaiate, del
freddo e della fame; soprattutto è lo spazio chiuso delle recinzioni - fisiche,
mentali, spirituali - oltre le quali non vi è nulla.
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Matteo Mastragostino, Alessandro Ranghiasci, Primo Levi, p. 73 |
⭐ In terzo luogo perché utilizza l’immagine
e, attraverso essa, rende possibile la sovrapposizione dei piani temporali
mettendo in evidenza l’intensità del lavorio della memoria e la dinamicità del
tempo interiore. Levi racconta nel presente dell’aula scolastica e l’immagine
riporta nel passato del lager, traboccando rispetto alla possibilità delle
parole, lasciando quindi intatto il margine indicibile della Shoah. Già all’inizio
del testo la considerazione di un bambino - che si aspetta un eroe e non il “vecchietto”
Primo Levi - innesca il ricordo di un vecchio picchiato durante il viaggio che
conduce ad Auschwitz.
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Primo Levi con Repubblica |
L’immagine comunque non è solo
funzionale al racconto. In alcune pagine campeggia da sola, costringe a
guardare soffermandosi sui particolari. I disegni, infatti, sono curati nel
dettaglio; gli ambienti – da Torino alla Valle d’Aosta, dal campo satellite di
Monowitz allo stesso Auschwitz – risultano
immaginati o ricostruiti con cura; i personaggi vengono indagati nella loro
profondità psicologica.
⭐ In quarto luogo perché, nell’elaborazione
del fumetto, si percepisce uno studio scrupoloso, che non riguarda soltanto gli
scritti di Primo Levi, ma anche la critica sviluppatasi intorno ad essi.
Basta citare, a questo proposito, due tematiche,
presenti nel racconto di Mastragostino, che richiamano una vastissima
bibliografia filosofica, storica e letteraria: la prima riguarda la
problematica conciliazione dell’esistenza di Dio con la realtà storica di Auschwitz,
la seconda concerne la “zona grigia”, quella in cui le vittime – per sopravvivere
– accettano di farsi a loro volta carnefici, realizzando appieno lo scopo
ultimo dell’abbruttimento voluto dai nazisti per i prigionieri ebrei: rubare loro
l’anima rendendoli davvero bestie, incapaci di ogni umanità e bontà.
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Prima di copertina |
La cultura, la conoscenza, l’amicizia,
la parola sono i piccoli appigli che hanno permesso a Primo Levi di conservare
un residuo salvifico di umanità e che ancora possono permettere di restare
umani nella “guerra mai finita” e che “è sempre” – come si legge nella pagina
conclusiva.
Ho letto il graphic novel su Primo Levi proposto da Repubblica e concordo in pieno con le considerazioni espresse da Rossana sulla validità dell'opera. Davvero un'opera ben costruita, meditata, per nulla 'agiografica', ma da cui traspare tutta l'umanità e l'intima sofferenza di Primo Levi. Da biblioteca scolastica, e non solo.
RispondiEliminaSono contenta per questa convergenza di considerazioni sulla comune lettura del graphic novel "Primo Levi". Concordo sulla biblioteca scolastica (potrebbe anche essere un valido spunto per la celebrazione della Giornata della memoria). Grazie e buona giornata.
EliminaMolto interessante e - come hai scritto nel titolo - "non solo fumetto", ma a quanto leggo, operazione più complessa e ricca di svariate finalità. E' un testo che non conoscevo e che mi propongo di leggere.
RispondiEliminaAl di là di tutto però, c'è una tua frase, cara Rossana, che mi colpisce:
"La scuola è il luogo privilegiato della memoria, della resistenza all’usura del tempo e alla banalizzazione del passato."
Quanto è importante questo, soprattutto oggi! Ma il discorso mi porterebbe forse un po' fuori argomento e mi fermo qui.
Un caro abbraccio e grazie!
Sì, cara Annamaria. La scelta di ambientare il "fumetto" in una scuola mi sembra non casuale. Primo Levi chiamato dall'insegnante a raccontare la propria storia: anche questo è indicativo. La forza della testimonianza, infatti, è quella che maggiormente smuove e trasforma l'iniziale risolino dei bambini in coinvolgimento pieno. Un caro abbraccio.
EliminaIn effetti è un lavoro molto bello - perché unisce narrazione e riflessione sulla narrazione con straordinaria fluidità, ma senza ridurre, banalizzare, eccedere.
RispondiEliminaNarrazione e metanarrazione, in un sobrio equilibrio: credo anch'io che questa sia la motivazione della riuscita di questo lavoro.
EliminaOggi pomeriggio vedrò se lo trovo ancora in edicola. Amo profondamente Primo Levi, pietra miliare del '900: per la sua dolorosa esperienza, per come ce l'ha raccontata, per la sua scrittura fine e profonda. Grazie, cara Rossana.
RispondiEliminaAnch'io lo amo molto, per gli stessi motivi. Mi auguro tu possa trovarlo. Un caro abbraccio.
RispondiEliminaVery thoughttful blog
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