|
La scuola... |
Le scuole hanno un’anima?
Dipende: certe sì, certe no. Dipende dall’idea alta che hanno di se
stesse, idea che deve essere necessariamente più alta dell’idea che si ha di
questa nostra società. Dipende soprattutto dalla prassi educativa conseguente.
|
... si pone idealmente più in alto
della società in cui è inserita? ... |
Che cosa significa per la scuola
avere un’anima? L’altro giorno, riordinando le mie cose, mi è venuta tra le
mani una (vecchia?) relazione tenuta al XXIII° convegno nazionale CIDI da
Franco Cassano (sociologo ed oggi parlamentare PD), a mio avviso di una
“inattualità” sorprendente, dalla quale riprendo alcuni spunti di
riflessione.
|
... ha una sua anima o è parola vuota
che si perde nel vento delle mode e del mercato?... |
La scuola ha un’anima se essa
tutela i beni collettivi e trasmette idee ideali valori senza
passare attraverso il placet del mercato e del conformismo dominante, se è
“splendidamente obsoleta ed inattuale”, se oppone categoricamente la
lentezza all’ossessione della società liquida per le vite di corsa, per
l’inseguimento veloce senza freni, competitivo (mors tua vita mea!), arrogante
e quindi deficiente. Solo il più bieco conformismo può sostenere l’idea che la
società sia migliore della scuola, perché “la velocità è una malattia non
una cura”, perché “siamo su una macchina che non si può più fermare e ci si
ferma solo andando a sbattere”.
L’inattualità della scuola è la sua anima, nel
resistere a chi vorrebbe chiuderla in macchina senza freni, nel contrastare
l’illusione che il mondo sia solo quello che si vede di corsa.
|
L'inattualità della scuola
sta nella sua lentezza ... |
La scuola non è per sé ostile
alla velocità, la deve usare strumentalmente ma deve nel contempo rammentare
e testimoniare che quando si va lenti il mondo lo si vede meglio,
acquista un’impensabile ricchezza, perché tutti possiamo gettarci nella
vita fatta di altri tempi e di altri ritmi: tempi e ritmi della
lettura, poesia, meraviglia, bellezza, com-unione nella
gratuità e solidarietà …
|
... nella scoperta di uno sguardo
pensante, poetico, estetico, ... |
Per i Docenti ciò significa cambiare
molto: interrogare se stessi se si è ancora capaci di emozionarsi e
di spendersi. Per molti docenti non più giovanissimi il pensiero dominante
in questi ultimi anni è quello della pensione, di andar via al più presto:
“libido pensionis”, tragicomica malattia per cui l’insegnante
"consegna alla scuola solo più il proprio corpo e come un carcerato conta
gli anni che mancano per uscire".
|
... molto dipende dal docente ... |
Si pensa alla pensione e invece bisogna
avere passione, rispondere alle invocazioni dei nostri adolescenti, prendersi
cura, allargare la propria vita senza ridurla ad un percorso obbligato.
Non si può cambiare la scuola se non si cambia la propria vita. Nulla si
può fare senza l’anima: “non c’è nessuna astuzia che possa rendere
creativo chi è sterile, motivato chi è depresso, ricco di cultura chi è
povero di essa”. Solo il docente che vive il rischio di non arrendersi possiede
qualcosa da dare e può consentire che la generosità e la solidarietà tornino a
circolare dentro e fuori dalla scuola, dando il via a nuove storie, a nuove
avventure ed avvenimenti.
|
... dalla capacità di entrare
in comunicazione... |
Tutti sanno – ci rammenta Cassano - come sono nate le
“Mille e una notte”: la storia più bella è quella della principessa
Sceherazade che si salva raccontando ogni notte una storia e rinviando
così la propria esecuzione: si salva narrando, così come ogni docente
ogni giorno si salva se sa riscoprire il piacere di raccontare, la
passione di insegnare (segnare, significare!), sognando con i propri studenti
un mondo che non c’è, non cedendo al ricatto del disincanto in nome
di questa "pazzia".
|
... ma molto dipende anche dallo studente...
in un processo che è sempre circolare... |
E gli Studenti? La scoperta della
lentezza è la chiave per leggere, decifrare, interpretare, interrogare, essere
persone consapevoli. Senza un tempo più lento non esiste nessun genere di
lettura: di libri, di se stessi, degli altri, del mondo sociale e naturale.
Tutto si risolverebbe in istanti liquidi, simulacri di insignificanza
e di oblio, senza riflessione, senza creatività, senza sogni e fantasie, senza
reciproca ospitalità.
Pensate un po’ a cosa significa
leggere un libro! Senza lentezza non si dà lettura, perché sarebbero
impossibili “quei passaggi che vengono passeggiando da un pensiero all’altro,
da un’emozione all’altra, senza appunti, ritorni, pause e silenzi”. Che cosa
sarebbe l’Odissea di Omero (o l’Eneide di Virgilio o la Divina Commedia
di Dante) se Ulisse (o Enea e Dante medesimo) fosse andato
dritto e veloce, subito, a Itaca (o Roma o in Paradiso)?
|
... dalla capacità di immaginare...
di vivere la scuola... |
Temo che oggi la scuola sia
rimasta pressoché sola nel porre un freno alla frenesia del
presente: porta spalancata su altri modi ed altre forme della
vita, luogo dove si resiste alla “cultura dello scarto”, al successo
come unica forma di legittimazione, al “mondo di premi”, alla seduzione
del consumismo e delle tessere fidelity. È solo in questa prospettiva che si
può e deve pretendere severità dalla scuola e capacità di selezione,
precisando però che il vero criterio valutativo, unico imperativo
categorico, non può che essere il rispetto incondizionato di ogni
persona e la concreta possibilità offerta a tutti ed a ciascuno di imparare a
vivere e alimentarsi di lentezza.
|
... ma nulla si potrebbe fare
senza il sostegno dei genitori ... |
E i Genitori? Le scuole
hanno un’anima anche attraverso le loro attese e domande,
attraverso un condiviso progetto (culturale, professionale,
spirituale, ideale: l’ethos, l’anima della scuola appunto) a cui docenti,
studenti e genitori dedicano spazi e tempi per ragionare e pattuire
il cosa e come fare, ognuno per la sua competenza ed il suo ruolo, ma in
accordo, in un reciproco impegnarsi (come nelle amicizie tra persone
diverse e di età diversa, dove l’amicizia si fa esigente), uscendo
ognuno dal proprio mondo, interrogandosi e ricreando soprattutto
relazioni.
|
... senza la convinzione che la scuola
può cambiare la vita... |
Altrimenti, a dispetto di tutte
le riforme che si faranno, non c’è scampo. Sola rimarrebbe una scuola
senz’anima, come diagnosticava qualche anno fa Giuseppe de Rita: sconfortante
e sconfortata, scontornata, fluida, sfuggente, in crisi profonda di
disaffezione da parte di tutti, perché incapace di offrire
validi motivi per spendere in essa gli anni più belli della vita.
|
... se la scuola ha un'anima... |
Chi
desidera intervenire può andare qui sotto su "commenta come", nel menù a
tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare
su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale
rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può
lasciare la sua mail.
questa volta non servono commenti: c'è già tutto
RispondiEliminaGent. le sig. Luca, Lei è troppo gentile e generoso. Sono ancora tante le cose che non vanno nella scuola, ma altrettante, anzi di più, le persone che vivono il coraggio di abitare una “scuola nomade”, alla ricerca, anche in Albenga, della “scuola promessa”, in sintonia con l’avventura di Abramo, non certo con il modello di Ulisse, che ripercorre e ritorna a sponde ben note e conosciute.
RispondiElimina