Gli adulti non si curano del bambino. Simbolo di chi preferisce non interrogarsi sul futuro. |
Noi adulti abbiamo forse maggiore consapevolezza del disagio, inteso
come perdita di evidenze collettive e sradicamento di comuni valori condivisi, rispetto ai giovani, sradicati sin
dall’inizio.
La donna volge le spalle alla divinità. Simbolo della perdita di evidenze e valori condivisi. |
La vita della collettività presenta una gamma molto varia di
comportamenti di fronte al disagio. C’è il pessimista apocalittico per il quale
la crisi è una catastrofe, sempre un male,
la fine dell’ordine e della continuità, segno di un collasso universale; disperato,
profeta di sventura, membro del club di iettatori, sempre “contro”… C’è il nostalgico reazionario
che si rifugia in un passato mitizzato,
tentando di ricostruirne costumi e categorie di pensiero, nel dogma
pregiudiziale che ad esso bisogna ritornare perché l’unico vero.
C’è chi si rende conto del processo di oscuramento dell’orizzonte, ma
evita il confronto, fa orecchi da
mercante, preferisce non udire, non sapere, non vedere, non interrogarsi ed attendere che le cose si
risolvano da sole.
Il giovane coglie il frutto della vita. Simbolo di chi preferisce non interrogarsi. |
C’è l’eterogenea marea montante dei tanti nuovi poveri od “impoveriti” (indebitati,
esodati, commercianti ed artigiani
sull’orlo del fallimento, disoccupati, precari,
marginali disperati di ogni categoria produttiva, giovani arrabbiati…)
preda smarrita del canto delle sirene
di chi invoca la palingenesi universale
ed incita allo smantellamento generalizzato
e all’ostracismo delle persone.
E tutti a precipitarsi ad inforcare vie senza uscite, nell’illusione che l’agitazione sia vita, che
gli ultimi slogan (via il parlamento – via i partiti ed i sindacati – via le
tasse – via le istituzioni…) siano il
nuovo pensiero vincente. Urlare, imprecare, sfogarsi in ordinarie e straordinarie trasgressioni:
null’altro che stordimento e fuga dal duro confronto con la realtà.
Vecchia accucciata che attende la morte. Simbolo di tutte le povertà della vita. |
Sono rami? Sono arabeschi? Simbolo della perdita di contatto con la realtà. |
Ci sono infine coloro che nel disagio si interrogano ed interrogano, non rifiutano il passato che
sanno essere un deposito delle grandi esperienze umane, non si esimono dalla
critica anche feroce circa lo spreco sociale
delle risorse del paese, vogliono ascoltare
e capire, vogliono collaborare con
chiunque sia disposto a formulare e
praticare nuovi modelli di vita, basati sulla solidarietà e la reciproca integrazione, che
tutelino e garantiscano tutti e non solo i già garantiti.
A favore e non contro, senza perdere tempo in
polemiche sterili, si sentono capaci di
accettare con coraggio la sfida di crescere insieme e di condividere non solo a
parole il dramma degli altri, volentieri riconoscendo il principio
costituzionale e il precetto morale che chi ha di più deve dare di più.
Mi piacerebbe essere annoverato tra costoro.
Le due donne in un angolo. Simbolo di chi vuole riflettere e capire. |
Mi piacerebbe essere annoverato tra costoro.
Tutte le immagini riproducono parti - liberamente interpretate nelle didascalie - dell'opera di Paul Gauguin, Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo? (1897), qui sotto riportata nella sua interezza.
Chi
desidera intervenire può consultare il post del 22/10/13 oppure
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Anche a me piacerebbe appartenere all'ultima tipologia di persone..credo nell'impegno, nella collaborazione e nel sostegno reciproco per creare nuove certezze. La base di tutto deve essere, secondo me, il rispetto, la comprensione e l'ascolto degli altri.
RispondiEliminaEleonora cara, sono davvero molto contenta di questo scambio di riflessioni che ci permette, in qualche modo, di continuare un cammino insieme.
RispondiEliminaCostruire uno spazio nel quale condividere e discutere liberamente idee, emozioni, punti di vista, opinioni, è certamente uno degli obiettivi dichiarati di questo blog. Soprattutto mi pare importante preservare - in questo tempo in cui ci è dato di vivere - la disponibilità a pensare, a interrogare, ad ascoltare, a capire, rifiutando la facile logica dello slogan, dell’urlo, dello sfogo.
Un forte abbraccio, Rossana Rolando. Un caro saluto anche da mio marito.
sì, le donne si domandano e vogliono comprendere (anche ciò che è scomodo)se stesse, l'umanità tutta, la nostra epoca il cui sviluppo (o caduta) dipenderà da noi. singoli e collettività. grazie
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