Claude Lorrain, Partenza di Ulisse dal porto... |
Entrambi
in viaggio, si allontanano dalla loro
patria per altri lidi. Per Ulisse si tratta di viaggio di ritorno faticoso, problematico - appunto un’odissea - verso
la patria conosciuta, di cui soffre la nostalgia. Per Abramo è viaggio di chi, volontariamente o per necessità,
si separa dalla sua terra, muove verso l’ignoto perché costretto a fuggire dal
bisogno o spinto da una forza interiore,
alla ricerca di una “terra promessa”: nessuna
nostalgia, nessun dolore del ritorno.
Abramo
è una figura monolitica, Ulisse invece è personaggio complesso e multiforme,
come attesta la ben nota diversità tra l’Odisseo di Omero e l’Ulisse di Dante. Diverse
quindi e anche divergenti le varietà nomadiche da lui rappresentate.
E’
il nomade “dal multiforme ingegno”, capace
di progettare e di calcolare astutamente, di mascherarsi e di nascondersi.
L'offerta ... P. Brueghel il Vecchio, Ulisse e Calipso |
E’
il nomade smanioso di vivere, avido di provare tutto, girovagando per il mar
Egeo della vita ed attraccando ad ogni isola per gustare ogni esperienza di vita.
... dell'immortalità ... H.J.Draper, L'isola di Calipso. |
Ma
soprattutto è l’uomo del ritorno, il
nomade che piange e soffre la nostalgia della
sua casa e della sua donna, che antepone
alla bellezza divina di Calipso, al dono della immortalità e dell’eterna
giovinezza, la sfiorita bellezza della moglie che lo attende da vent’anni.
... la nostalgia della sua casa ... J.W.Waterhouse, Penelope e i pretendenti. |
... l'esperienza dell'ospitalità... F. Hayez, Ulisse alla corte di Alcinoo. |
P. Lastman, Odisseo e Nausicaa |
... la seduzione ... J.W.Waterhouse, Circe offre la coppa ad Odisseo. |
... l'incantamento ... J.W.Waterhouse, Ulisse e le sirene. |
E’
il nomade che rimane solo, dopo la vendetta
sterminatrice di Zeus: solo, senza compagni, nudo e vagabondo, gettato sulle sponde di terre dove sperimenta la metamorfosi dell’ospitalità in
ostilità.
...l'esperienza dell'inospitalità e della ferocia... W. Turner, Ulisse schernisce Polifemo. |
Infine
il nomade Odisseo impone la propria presenza ai Proci, che inganna nascondendo loro la verità: il ritorno ad Itaca si conclude con la
nemesi e la giustizia sommaria di coloro
che hanno irriso l’ospite. Un monito per tutti noi: il prossimo futuro, segnato
dal senso della provvisorietà e precarietà di ogni giorno, imporrà il problema
dell’ospitalità tra rigurgiti di
barbarie?
L'Odisseo
omerico, l’uomo del ritorno, non oltrepassa la sfera del sé. Il suo non è un esilio, solo un lungo
sofferto allontanamento cui segue una perigliosa riappropriazione di sé nella liquidazione di ogni estraneo. Rimanere centrato su di sè è
condizione per godere di una promessa vecchiaia
felice.
... fino alla riappropriazione di sé... G. Schwab, La strage dei pretendenti. |
Odisseo
ha un suo fascino discretamente ambiguo, ma mi intriga molto di più il nomade Ulisse
di Dante della Divina Commedia (Inf. XXVI): l’uomo del non ritorno,
perché non approda ad Itaca e trasforma il suo viaggio in un’avventura
“per seguir virtute e conoscenza”:
“Nè
dolcezza di figlio, nè la pièta
del
vecchio padre, né il debito
amore
lo
qual dovea Penelopé far lieta,
vincer
poter dentro da me l’ardore
ch’i’
ebbi a divenir del mondo esperto
e
delli vizi umani e del valore”.
Forse
questo nomade Ulisse si approssima al nomade Abramo?
Anonimo fiorentino, Il naufragio della nave di Ulisse. |
Chi
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Abramo mi ricorda Enea, l'Ulisse dantesco mi fa venire in mente Socrate. Enea, come Abramo, compie un viaggio verso l'ignoto, verso una patria che gli Dei (Dio per Abramo) gli hanno assegnato. Quante ansie e tensioni avranno vissuto i due viandanti. Invece Ulisse, conoscendo la sua destinazione, è più consapevole del viaggio che compie. L'Odisseo omerico ha una consapevolezza, un'appercezione in atto, dovuta a ciò che sta vivendo. L'Ulisse dantesco possiede invece un'appercezione assoluta grazie alla lontananza dal mondo dei vivi, al distacco dovuto al trapasso. Non per questo non brucia ancora dell'ardore di conoscenza (infatti è avvolto dalle fiamme!): la sua infinita passione è sopravvissuta alla fine della vita mortale.
RispondiEliminaSono modelli: Abramo, Enea, Odisseo, Ulisse. Ciascuno risponde in modo personale all'inquietudine di fronte all'esistenza. Tutti provano peró tale inquietudine: questo li accomuna. Possiamo aiutarci, nella vita, con questi modelli. Nel nostro nomadismo, nel nostro narcisismo, nella sclerosi della vita quotidiana!
Buon Anno, caro sig. Luca. Molteplici possono essere i modelli di riferimento, i paradigmi che li rappresentano, le metafore che li narrano… Molteplici e diversi (uno non vale l’altro), anche divergenti, in relazione all’antropologia che li ispira ed ai propri valori di riferimento. Non posso perciò non raccogliere l’invito della sua meditata riflessione, invito che volentieri rilancio: ognuno in questo nuovo anno trovi il suo modello e la giusta risposta alle sue inquietudini esistenziali, in una comune solidale fraterna fusione di orizzonti.
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