Ottantun anni fa,
nell’ottobre 1932, il giovane Emmanuel Mounier pubblicava il primo numero di
“Esprit”: una rivista, oggi ancora ben presente nel panorama
europeo, che soprattutto nel secondo dopoguerra
è stata il punto di riferimento per molti cattolici italiani. Mounier – chi ne conosce il pensiero e l’opera
lo sa bene – è stato in Italia voce
ispiratrice del Vaticano II. Ed ancor oggi, nella sua inattualità, offre spunti
formidabili di riflessione in questo “tempo di privazione”.
Di fronte alla crisi
generale degli anni ’30 il giovane Mounier
nel primo numero di “Esprit” dell’ottobre 1932 lanciava la sua sfida:
“Refaire la Renaissance”. Non il
rinascimento individualista ed aristocratico dei libri di storia, ma la
rinascita articolata su due poli, persona e comunità. Anche oggi eventi e
misfatti di ogni genere, dentro e fuori l’Italia, sembrano segnare la fine di
un mondo: guerre civili, stragi del terrore, uso spietato e
sprezzante delle armi più micidiali contro donne e bambini innocenti, spirali di corruzione, incubi di
apocalittiche migrazioni di massa, vecchi e nuovi partiti asfittici, vecchi e
nuovi egoismi che fanno lega, tutti perduti
nell’ “inferno della stupidità”. “La putrefazione del mondo moderno – scriveva Mounier – è così
avanzata e così radicata che è necessario che tutta la massa verminosa crolli
affinché nuovi germogli spuntino”.
Il giovane Mounier riteneva che la ribellione e l’indignazione
fossero il primo passo necessario contro il “disordine stabilito”, l’egoismo
dei sepolcri imbiancati, l’alibi del disincanto e della rassegnazione, le
insulse piccinerie in cui si prostituiscono le cose dello spirito. L’indignazione
si traduceva in un irresistibile bisogno
di presenza e di impegno. Per Mounier cristiano ciò significava prima di tutto
testimoniare la rottura tra ordine cristiano e disordine stabilito. E chiariva
che non si trattava solo di prendere coscienza, ma di prendere posizione contro
un disordine troppo esteso e troppo
tenace per essere combattuto senza versare nulla, senza una revisione dei
valori, senza una riorganizzazione della classe dirigente, senza reclamare
volti nuovi.
L’impegno per Mounier non era dato dalla
scelta del partito, ma dal cambiamento personale, dalla testimonianza come
fedeltà permanente alla verità. Le condizioni che intravedeva per una possibile
rinascita civile sono, nella loro inattualità, così attuali da poter essere
riproposte almeno come provocazione:
- un ideale cenacolo di
donne e uomini perfettamente liberi che, al di là delle diversità di parte e di
fede, innanzitutto si prefiggono di dire la verità, niente altro che la verità,
disposti ad accordarsi su una
visione della società
in cui il fondamento siano i
diritti-doveri delle persone
- persone disposte anche all’assunzione di
responsabilità pubbliche e radicate nell’abitudine a vedere tutti i problemi
dal punto di vista del bene della comunità umana e non dei capricci e dei
profitti individuali
- persone capaci di
unire forza e generosità, mistica e politica, senza curarsi né di
referenze né di deferenze.
Non temeva né l’accusa
di utopia né i rischi dello scacco. Alla
“sicurezza degli arrivati” ed “al male di vivere degli anemici della lotta
spirituale” opponeva la “plenitudine tragica” della fede cristiana che, pur
nell’esperienza quotidiana della notte e del deserto, pur portando “il tragico
ai vertici”, rifiuta la disperazione perché trabocca di speranza. Il suo non
era un Cristianesimo di gente tranquilla: era di vasto respiro, segnato dalle
virtù della fortezza e della carità,
“virtù di fuoco”, che non servono certo da prestanome alla debolezza. E così ritrovava
il senso dell’avventura umana e (per lui) cristiana.
Oggi tocca a noi. Quanti sono pronti?
Luce che filtra nel buio |
Questo post ispirato a Mounier mi induce a pensare che il nome dato al blog: "Persona e comunità" abbia la stessa provenienza culturale. Forse sono parole da riscoprire: cosa vuol dire essere persona oggi? cosa si intende per comunità?
RispondiElimina"Che luce!" direbbe sicuramente Mounier vedendo questa immagine e leggendo il blog.
RispondiEliminaNon conoscevo e non conosco appieno Mounier, ma questo post mi ha incuriosita e invogliata a leggere qualcosa dei suoi scritti. Grazie
( una domanda: che differenza sostanziale c'è fra il pensiero di Mounier e quello di Maritain? )
Grazie per questo contributo che rappresenta un arricchimento importante, soprattutto perché spinge nella direzione dell'approfondimento di alcuni riferimenti del post. Perciò, a proposito della differenza tra il pensiero di Mounier e quello di Maritain, ho provato a tracciare alcune linee sintetiche esposte in pagine, link laterale, visibili all'apertura del blog.
RispondiElimina