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martedì 13 agosto 2013

Albenga e la bellezza.

 
 
Battistero di Albenga
 


Albenga: estetica e funzionalità
Per secoli Albenga è stata costruita   su paradigmi estetici: era un punto d’onore ed insieme una sottolineatura di appartenenza rendere la propria città sempre più gradevole. Nei suoi spazi si infrangevano le varie sfumature  della bellezza: nelle chiese, nelle torri, nei palazzi, nei vicoli tra le mura, in ogni piazza o piazzetta, luogo della contrattazione e dello scambio.
L’Albenga  moderna, come tutte le città italiane, è radicalmente altro:  i suoi paradigmi sono efficienza, integrazione con il territorio extra urbano  finalizzata alla  produttività e rapidità delle comunicazioni, degli spostamenti e dei trasporti..

Nel cosiddetto post-moderno la funzionalità ha vinto sulla bellezza. Oggi  le forme estetiche tendono a risolvere questioni pratiche  e non definiscono un proprio autonomo dominio riferito al bello. Tutti  abbiamo sicuramente notato quanto sia  anche ad Albenga  diffusa la tendenza perniciosa di abbinare impunemente il linguaggio della tradizione e quello della modernità con successivi indefiniti adattamenti. Ad Albenga poi specifiche questioni pratiche collegate con le  esigenze del restauro, con la vivibilità degli ambienti, con la riconversione funzionale, con la riqualificazione degli edifici,   rischiano di manomettere continuamente il linguaggio della tradizione in nome di una maggiore fruibilità. Eppure   proprio noi,  che  abbiamo ereditato dalla nostra tradizione grandi esempi di bellezze urbane, dovremmo fare i conti più severamente degli altri, utilizzando  criteri rigorosi, rispettosi, debitamente resi noti ai cittadini, che non alterino ulteriormente l’attuale  precario equilibrio.
Esistono e  sono applicati questi criteri? Sono noti ai cittadini ingauni meno distratti del sottoscritto?



2 commenti:

  1. Purtroppo la situazione é quella delineata, con l`aggravante che sulla funzionalità spesso hanno fatto aggio interessi di parte, la speculazione, la gretta superficialità di chi sperpera il patrimonio del passato scambiando per una rendita una ricchezza non rinnovabile.

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    1. In sintonia piena il fatto/convinzione che il patrimonio del passato non è “una rendita ma una ricchezza non rinnovabile” minacciata da “interessi di parte, speculazione, gretta superficialità di chi sperpera”. Più avanti espliciti saranno i post su questi temi.

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