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giovedì 9 gennaio 2014

Panem et circenses, ancora vero?

"...[il popolo] due sole cose ansiosamente desidera
pane e giochi circensi"
Giovenale, Satire,X, 81.

Panem ...  
Annibale Carracci, Il mangiatore di fagioli.
Oggi il gioco è servo: serve ad una società dominata dall’ossessione (del profitto, produzione, concorrenza, consumo), che  educa od induce ognuno di noi ad essere  utile, efficiente, funzionale: altrimenti non  si vale nulla. I giochi e i divertimenti entrano in questa spirale con  ben precise funzioni:  come enorme fonte di profitto ed insieme come  ammortizzatori sociali, strumenti di distrazione, sospensione di tensioni, compensazione e controllo sociale.
... et circenses...
La villa romana del Casale 
di Piazza Armerina.
In questa  società anche i giochi del tempo libero portano il marchio dell’alienazione e sono la versione aggiornata degli antichi “panem et circenses”: alla sera di una giornata faticosa o disperata oppure  a fine settimana quale funzione  hanno se non quella di non far pensare, distogliere, sgravare  per le fatiche sopportate e per la rabbia accumulata? Il bravo ed integrato lavoratore  ha bisogno, in pantofole, del suo serotino programma televisivo, delle sue avventure virtuali che non succedono più nel suo mondo  ormai monocorde; altri hanno bisogno dello svago del ballo (e dello sballo); altri ancora del turismo reale che promette avventure ed esperienze sorprendenti e di quello virtuale del chattare.   
Il gioco come distrazione ... divertissement ...
La villa romana del Casale 
di Piazza Armerina.

Coloro che già  sono padroni dell’economia e che orientano il consumo s’impadroniscono, per trarne altro profitto,  anche del nostro tempo libero che va sempre più crescendo e che dovrebbe promuovere  una libera umanità, ma che in realtà rischia di essere campo del non libero. Forse questa nostra  società   emancipatrice, in realtà paradossalmente segregatrice,  abilita alla libertà solo i furbi, gli arrivisti, gli spensierati, i dongiovanni, mentre gli orfani finiscono nei brefotrofi, i vecchi negli ospizi, gli ammalati negli ospedali, gli incurabili nelle cliniche, i poveracci ladri di galline in carcere e noi restanti viviamo in una libertà ogni giorno minacciata da nuove indigenze, nuove miserie, nuove oppressioni. 
... che rende prigionieri di forze oscure e non liberi... 
La villa romana del Casale 
di Piazza Armerina.
... in una società segregatrice ...
La villa romana del Casale 
di Piazza Armerina.
Possono oggi gli emarginati, gli anziani soli, i malati cronici essere liberi di ricevere amore e solidarietà? Può il gioco creativo vivificare il lavoro e  far trionfare la “vita aesthetica”?  Non so e non mi sembra un possibile obiettivo a breve termine nell’attuale crisi generalizzata assetata di lavoro, di qualsiasi lavoro, senza aggettivi qualificativi...

Una prima autodifesa  sta nella risata dell’ironia: potenza degli indifesi contro i dominanti, ridimensionati a nani, demitizzati, demistificati… Usiamola questa benedetta ironia!
... non prendersi troppo sul serio ... 
saper usare l'ironia...
Annibale Carracci, 
Due bambini giocano con un gatto.
Ma soprattutto non confondiamo  i giochi oggi diffusi con la gioia per la libertà ed il  piacere che ci vengono dal gioco della vita,  non asservito  a nulla e  a nessuno,  di cui ci narra  Moltmann  nel già citato suo libro “Sul gioco”.

Questo nostro  mondo  non è  un paradiso ma neppure una valle di lacrime  in cui sprofondare  nell’afflizione. Il gioco è parte centrale ed essenziale del nostro vivere: senza di esso non è vera vita, ma semplicemente un sopravvivere. Mettiamoci in testa che è possibile giocare la nostra gioia, la nostra libertà, la nostra spontaneità alla faccia della diffidenza sia dei farisei reazionari sia dei tristi sedicenti rivoluzionari.
... giocare la nostra gioia ...
La villa romana del Casale 
di Piazza Armerina.

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4 commenti:

  1. In molti casi la società moderna sembra la materializzazione della sartriana esclamazione "Non siamo liberi di non essere liberi!". La società consumistica ci costringe infatti a comportarci in un dato modo, celandosi dietro la maschera dell'assoluta libertà che ci concede. Siamo liberi di fare tutto ciò che vogliamo, a condizione di "fare": produrre, comprare, comsumare. Cioè non possiamo non fare, non mettere in pratica tale "libertà". Ma non mi dilungo. Lei ha già espresso tutto in maniera mirabile. Mi è piaciuta soprattutto questa espressione: "Forse questa nostra  società   emancipatrice, in realtà paradossalmente segregatrice...".

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  2. Il fare può essere segnato dall’interesse, dal dovere, dal dono. Oggi è coazione e costrizione a fare ciò che altri intendono per fare (appunto “produrre, comprare,consumare”). Sarebbe una rivoluzione scuoterci dalla nostra sonnolenza, liberarci dalla categoria dell’interesse e spronarci a praticare quelle altre modalità del “fare” – più diffuse di quanto si pensi – che sono il dovere e soprattutto il donare …

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  3. Anche io ho sempre sostenuto l'esistenza del panem et circenses al giorno d'oggi, e spesso ne sono vittima consapevole. Riuscire a vivere la propria vita non è facile in questo mondo, dove ci viene spesso mostrato che le vite altrui sono sempre più belle e interessanti delle nostre (le vite dei calciatori, o degli attori, o dei protagonisti di un film ecc.).

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  4. Siamo tutti vittime,alcuni consapevoli altri no. Ogni giorno siamo invischiati nel gioco della carota e del bastone, guidato dai solerti funzionari dei burattinai che decidono la cultura dominante: carota (appunto panem et circenses) a chi sta al gioco dei modelli e delle mode dominanti e compra e consuma; bastone - per carità! in senso metaforico, non necessariamente un nodoso randello, ma non si sa mai … - ovvero isolamento sociale, indifferenza, marginalizzazione, anche disprezzo, per chi non ci sta e ritiene che i modelli culturali che ci propinano potrebbero anche essere buttati nella “rumenta” …

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