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martedì 15 luglio 2025

Disfunzioni della famiglia

 Post di Rossana Rolando
 
“Sàlvati, lasciami per sempre” 
(p. 113)
 

Vivo un’estate all’insegna della cura, tra ospedali e riabilitazioni di miei familiari. E’ l’esperienza della famiglia come luogo di affetti profondi e di sollecitudine. Eppure, vi può anche essere un vissuto opposto, come quello che racconta l’ultimo Premio Strega, L’anniversario, di Andrea Bajani. 
 
Esso presenta - come una liberazione – la ricorrenza di una separazione definitiva. Non stupisce di per sé: la nostra vita è costellata di distacchi, spesso dolorosi, altre volte necessari. Quel che rende però peculiare la svolta di cui il libro tratta è la sacralità dei legami che vengono recisi, quelli che da sempre sono avvertiti come segnati dal destino e quindi intoccabili. Sono i vincoli che si instaurano all’interno di quella cellula sociale da cui tutti proveniamo – la famiglia – che pure può diventare deposito di mille tensioni e disfunzioni, tenuta insieme da una vera e propria “malattia psichica” (p.122). Di questo l’autore si occupa, non solo con chiari tratti biografici, ma anche nella sua professione di insegnante universitario, in Texas.

domenica 6 luglio 2025

Nella morsa del consumismo

Post di Rosario Grillo
 
Hilda Clark in una immagine pubblicitaria della Cocacola, 1900
Z. Bauman ha lasciato una ricca ed efficace disamina della società del consumismo, scritta nel 2007, quando ormai risultava articolata e composita la sua pianta. Aveva avuto modo di osservarla ed analizzarla applicando gli strumenti della sociologia critica, portandosi oltre una reazione strettamente morale.
La caratteristica che viene messa in rilievo ha un potere di assorbenza totale e coinvolgente, tanto da determinare: la liquidità delle relazioni, la centralità del motore individualista, la decadenza del pathos politico, la crescita onnivora del mercato, il definitivo crollo del mito del progresso…
Il perno attorno al quale gira il congegno: il feticismo della soggettività.
Bauman applica al soggetto il fenomeno della feticizzazione che Marx aveva limitato alla merce, tirando le conseguenze dell’argomentazione portata da K. Polanyi: il feticismo della merce impiantato sulla equivalenza lavoro-merce implica la feticizzazione del lavoratore, della sua volontà, che in definitiva non è più autonoma. Il soggetto andrà a trovarsi nello stato di oggetto (del mercato).
Viene così alterata la distinzione soggetto-oggetto; il soggetto è ridotto alla stregua di un oggetto. Una mutazione che sbandiera, alla superficie, la libertà di scelta del soggetto (consumatore); quella stessa libertà che, in concreto, è subordinata alla compulsione di scelte continuative, suscitate da bisogni futili.
Nel frattempo si è esaurito il tempo della società dei produttori: in essa persistente la qualità del produttore assieme a quella del prodotto manufatto con un marcatore di prestigio contrassegnato dalla durata degli oggetti accumulati (patrimonio). Si è instaurata poi la società dei consumatori: in essa bisogni inesauribili e un indicatore di prestigio fissato sul continuo movimento (volubilità ed effimero trionfano ).

giovedì 19 giugno 2025

Dialogo tra generazioni sulla pace...

Post di Gian Maria Zavattaro

Albert Anker, Nonno e nipote, 1893
“La pace non è assenza di guerra, è una virtù, uno stato d’animo, una disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia. (B. Spinoza - 1632-1677 cfr. Trattato politico).

Ho letto a mio nipote undicenne il testo sopra citato. Abbiamo discusso a lungo. Riporto la sintesi della nostra discussione.

Siamo d’accordo: la pace non è assenza di guerra. Poi però per entrambi l’inizio del dialogo diventa impegnativo e laborioso: dobbiamo entrare in sintonia, spiegare l’uno all’altro con i nostri diversi linguaggi che cosa per ognuno di noi voglia dire la parola pace, “virtù, stato d’animo, disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia” e poi insieme attribuire un concorde significato univoco … Beh, abbiamo faticato un po’, ma non ci siamo arresi ed infine ci siamo accordati su un linguaggio per entrambi accettabile, sintetizzato nelle riflessioni di seguito riportate.

Quando Spinoza afferma  che “la pace non è assenza di guerra”, vuole  farci capire  che non basta dire ciò che la pace non è, ma ciò che è e deve essere. Certo, la pace è assenza di guerra: soprattutto oggi l’assenza di  guerra sarebbe necessaria perché le modalità di  distruzione  sono talmente imponderabili che non c’è nessuno in grado di controllarle e di impedire che l’umanità si dissolva, precipiti nel silenzio degli olocausti. e dei cimiteri….

Spinoza sapeva bene che la parola pace - in ebraico Shalom - vuol dire “ integrità, santità, buon ordine”: non un concetto negativo (semplice assenza di guerra) ma positivo: esplicita scelta quotidiana “virtuosa” che ognuno di noi liberamente costruisce e testimonia: “Virtù” che riguarda non solo i popoli ed i loro governanti, ma soprattutto ognuno di noi, come ci avverte la “Pacem in terris” (Papa Giovanni XXIII): “A tutti gli uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà: i rapporti della convivenza tra i singoli esseri umani; fra i cittadini e le rispettive comunità politiche; fra le stesse comunità politiche; fra individui, famiglie, corpi intermedi e comunità politiche da una parte e dall’altra la comunità mondiale”.

lunedì 16 giugno 2025

Il sentimento del bello e l'amore per la terra

Post e fotografie di Rossana Rolando

Dialogo, lungo il sentiero delle montagne liguri, tra due persone che non si conoscono, in una domenica di metà giugno:
 
-  [Mi sgorga dal cuore questa esclamazione] Che spettacolo!
- [Risponde, con saggezza, la signora che incontro] Gli uomini non hanno visto tanta bellezza, altrimenti non distruggerebbero la terra... 
 


 





mercoledì 4 giugno 2025

Tutto inizia per caso?

Post di Rossana Rolando
 
John Melhuish Strudwick, Un filo d'oro, 1885
Il caso
In un aneddoto della scuola scettica si racconta di un pittore greco, Apelle, che si ostina nel voler disegnare la schiuma alla bocca di un cavallo senza riuscirci. Alla fine, stanco e irato, per il suo fallimento, lancia la spugna intrisa di acqua e colori contro la tela e, così, casualmente, proprio quando ha rinunciato alla sua impresa, ottiene quello che cercava. Il caso ha fatto ciò che egli non ha saputo fare, sostituendosi alla sua inutile caparbietà.
L’espressione “per caso” (forte, in latino; τυχαίως, in greco) ha molteplici significati: nel racconto, appena citato, essa indica un accadimento fortuito, che capita senza essere previsto o programmato.
 
Caso o destino?
La filosofa Agnes Heller, vissuta lungo il corso del Novecento e oltre (1929-2019), ha dedicato al tema un suo libro autobiografico dal titolo Il valore del caso, vedendo nella coincidenza degli eventi ovvero nel caso, tutta la serie delle circostanze che non dipendono dalla libera scelta, siano esse favorevoli all’incremento della vita, o siano esse, al contrario, portatici di rovina.
Quello che noi siamo, il nostro carattere – come dice Eraclito – è il frutto di tante componenti innate, ma anche di elementi imprevedibili che, dall’esterno, contribuiscono a plasmare in un modo anziché in un altro le nostre inclinazioni. L’elenco delle condizioni non volute direttamente, ma trovate e vissute, è lunghissimo.

martedì 27 maggio 2025

Marrani

Post di Rosario Grillo
 
Rembrandt, Ebrei nella Sinagoga, 1648
“Marrano diventa la matrice dell’ebreo moderno nelle sue molteplici figure. La questione non è piú «che cosa devo fare?», l’interrogativo che nei secoli ha accompagnato l’ebreo, richiamato quotidianamente all’eteronomia dei precetti. Piuttosto, osservandosi nello sguardo scrutatore dell’altro, il marrano si chiede «chi sono io?» La coscienza lacerata dell’ebreo moderno, quel suo angoscioso oscillare tra inserimento e marginalità, deriva dalla scissione marrana.” (v. Marrani: L'altro dell'altro (Vele), di Donatella Di Cesare. Link)

Marrani. Il gruppo di ebrei, così classificato, viene comunemente ricondotto ai traditori dell’identità ebraica. Eppure c’è un modo (una ragione, una via) per cui questo senso comune non regge. Ce lo indica Donatella Di Cesare in un agile saggio con appropriato titolo: Marrani.
Punto di incidenza: la compresenza di un dentro e di un fuori.
Dentro: la segretezza dell’appartenenza alla radice ebraica; fuori: la manifestazione della libertà (di pensiero, di fede)… In definitiva la via della laicità.
Cominciando dall’origine, i Marrani rientrano in quella categoria di ebrei che, per reazione all’espulsione dai paesi occidentali (Spagna, Portogallo, Gran Bretagna…) accettano la conversione forzata (conversos) oppure usano la dissimulazione. Nella seconda modalità assumono quella veste sociale nella quale maggiormente sono codificati (in gran parte ingiustamente).
“Vilmarrano!” uscì di bocca a Francesco Ferrucci (assedio di Firenze) a redarguire il capitano di ventura che lo stava trafiggendo: era un segno della nomea pubblica di disprezzo dei marrani.

sabato 17 maggio 2025

75 anni dalla morte di Emmanuel Mounier

Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini tratte dal sito Les amis d'Emmanuel Mounier
 
Emmanuel Mounier
"Chiamiamo democrazia, con tutti i termini qualificativi e superlativi necessari per non confonderla con le sue minuscole contraffazioni, quel regime che poggia sulla responsabilità e sull'organizzazione funzionale di tutte le persone costituenti la comunità sociale. Solo in questo caso ci troviamo senza ambiguità dal lato della democrazia. Aggiungiamo che, portata fuori strada fin dall'origine dai suoi primi ideologi e poi soffocata nella culla dal mondo del denaro, questa democrazia non è mai stata attuata nei fatti e lo è ben poco negli spiriti. Ci teniamo soprattutto ad aggiungere che noi non propendiamo verso la democrazia per motivi puramente e unicamente politici o storici, ma per motivi d'ordine spirituale e umano." (E. Mounier, Rivoluzione personalista e comunitaria).
 
Quest’anno ricorre il 120° anniversario della nascita di E. Mounier e il 75° della sua morte (non ancora 45enne) per infarto. Mi sollecita la riflessione su di lui anche l’attuale contesto mondiale ben poco democratico (guerre, distruzioni ambientali, stragi di innocenti, odio, indifferenza, servilismo, ipocrisia, idolatria neo-tecnologica, subdole manipolazioni…): una collettiva fuga dalla libertà nel "pensiero unico”, ovvero nel non pensare. Tutto ciò dovrebbe suscitare in noi un corale irrefrenabile grido di invocazione: “riconciliamoci profondamente con la nostra umanità!.
Abbiamo scoperto che anche noi siamo vulnerabili, fragili: è finita da tempo l’illusione d’essere immuni dalla paura, dall’insicurezza, dalla guerra. Eppure continuiamo imperterriti a negare agli altri - i popoli più poveri e svantaggiati - il diritto di sedere alla tavola imbandita del nostro sempre più effimero benessere (1). 
Sapete che cosa scriveva Mounier a J. Guitton nel 1928?  “Io voglio accogliere e donare: è tutto”. E due giorni prima di morire ancora scriveva a l'abbé Depierre: "Io vorrei con mia moglie dare almeno un po', prepararmi al giorno in cui gli avvenimenti forse ci spingeranno a donare tutto". A questa istanza  è rimasto fedele per tutta la vita.
Dodici anni fa iniziava l’azzardo del nostro blog Persona e Comunità, richiamo al “personalismo comunitario” di Mounier (2) da me  scoperto quasi casualmente nei miei anni universitari: un'avventura iniziata con la mia tesi di laurea su Mounier, subito divenuto stimolo-guida a ricercare la mia strada di uomo e di credente. La testimonianza - scriveva - è “forma pura dell’azione”, legata alla condizione storica della nostra relazione con noi stessi e gli altri; è proiezione verso una società comunitaria sottratta ad ogni tirannia, società di creazione, non di consumo, perché la testimonianza è tale solo se è impegno responsabile, gratuito incontro agapico: (engagement, affrontement,  parole intraducibili in italiano). Nel mare magnum di internet il nostro piccolo blog (Rossana-Rosario-Gian Maria) è umile dimesso pervicace modo di questa presenza.

venerdì 9 maggio 2025

La madre simbolica

Post di Rossana Rolando
 
Odilon Redon, Due giovani donne tra i fiori, 1912
C’è un racconto biblico che, meglio di tanti discorsi, sembra raccogliere il carattere duplice della maternità, l’ambivalenza che si racchiude in ogni dimensione esistenziale originaria. Nella Bibbia, così come nella grande letteratura, si presentano personaggi, situazioni, “luoghi”, “tipi” che comunicano significati universali - al di là della distinzione tra credenti e non credenti - perché toccano l’umano e insegnano a riconoscerne la complessità. Il brano in questione è tratto dal primo libro dei Re. Lo riporto qui, per poi cercare di coglierne il messaggio sotteso (1 Re 3, 16-28).
 
Un giorno andarono dal re due prostitute e si presentarono innanzi a lui. Una delle due disse: «Ascoltami, signore! Io e questa donna abitiamo nella stessa casa; io ho partorito mentre essa sola era in casa. Tre giorni dopo il mio parto, anche questa donna ha partorito; noi stiamo insieme e non c'è nessun estraneo in casa fuori di noi due. Il figlio di questa donna è morto durante la notte, perché essa gli si era coricata sopra. Essa si è alzata nel cuore della notte, ha preso il mio figlio dal mio fianco - la tua schiava dormiva - e se lo è messo in seno e sul mio seno ha messo il figlio morto. Al mattino mi sono alzata per allattare mio figlio, ma ecco, era morto. L'ho osservato bene; ecco, non era il figlio che avevo partorito io». L'altra donna disse: «Non è vero! Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto». E quella, al contrario, diceva: «Non è vero! Quello morto è tuo figlio, il mio è quello vivo». Discutevano così alla presenza del re. Egli disse: «Costei dice: Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto e quella dice: Non è vero! Tuo figlio è quello morto e il mio è quello vivo». Allora il re ordinò: «Prendetemi una spada!». Portarono una spada alla presenza del re. Quindi il re aggiunse: «Tagliate in due il figlio vivo e datene una metà all'una e una metà all'altra». La madre del bimbo vivo si rivolse al re, poiché le sue viscere si erano commosse per il suo figlio, e disse: «Signore, date a lei il bambino vivo; non uccidetelo affatto!». L'altra disse: «Non sia né mio né tuo; dividetelo in due!». Presa la parola, il re disse: «Date alla prima il bambino vivo; non uccidetelo. Quella è sua madre». Tutti gli Israeliti seppero della sentenza pronunziata dal re e concepirono rispetto per il re, perché avevano constatato che la saggezza di Dio era in lui per render giustizia.

venerdì 2 maggio 2025

La speranza che cura

Post di Rosario Grillo
 
Johann Heinrich Füssli, La solitudine all'alba, 1796
La malinconia: patologia o sentimento? In un caso si fa riferimento alla dottrina degli umori e si spiega la malinconia come effetto del predominio della nera bile. Nell’altro si dà maggiore risalto alla via sentimentale: nel malinconico viene rappresentata una persona che filtra l’esistenza con tale sentimento. La fusione dei due avviene spesso e spiega la casistica di tanti suicidi e del fenomeno degli hikikomori.
Neuroscienze, psicanalisi e sociologia si sono impegnate a circoscrivere il fenomeno, per dare spiegazione dei moventi, cosicché ci troviamo spinti: o a trovar la radice nella repressione libidica (Freud e il perturbante) o a prendere coscienza della virtù del sentimento della malinconia, del suo ricco potenziale (Romanticismo ed un recente saggio di Susan Cain) (1).
Risulta ben chiaro che la sua diffusione è tipica di epoche di transizione: in questa luce è una spia significativa. (2)
Alla pari con la malinconia può stare l’angoscia. Il concetto di angoscia ha riempito i libri di filosofia a cominciare da S. Kierkegaard e di sicuro si trova la ragione nel declino dell’ottimismo illuminista legato al concetto di progresso. (“le magnifiche sorti e progressive”) (3).

giovedì 24 aprile 2025

Liberare, liberarsi

Post di Gian Maria Zavattaro
 
Papa Francesco presso la tomba di Don Milani, 20 giugno 2017
Pubblichiamo questo post nei giorni di lutto per la morte dell'amatissimo papa Francesco, convinti che il tema della liberazione - in tutte le sue forme - sia in piena sintonia con il suo messaggio.
 
A 80 anni dalla liberazione continuiamo insieme la vera “Resistenza dell’uomo disarmato”
“Non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è l’obbedirla. Posso solo dire loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate”. (Lettera ai giudici di Don Milani).
“La Resistenza è un fatto di gratuità. La vera: la Resistenza al potere, non per instaurare un altro potere ma per la libertà dell’uomo[…] Per questo Resistenza è Gratuità, e Partigiano l’uomo gratuito. Il Dio gratuito non è forse il Dio Partigiano, che prende le parti di chi, in un modo o nell’altro, è perseguitato dal potere?” (Don Luisito Bianchi, Monologo partigiano  sulla gratuità 1).

domenica 20 aprile 2025

I Giardini e la Villa Bardini a Firenze

 Post e fotografie di Rossana Rolando

Dal Giardino Bardini, Firenze

Il giardino di Villa Bardini, a Firenze, nei giorni pasquali di aprile, benché piovosi - il cielo chiaro a sprazzi, in una rara giornata di sole -, ci regala, su per le gradinate, le rose che iniziano ad occhieggiare, e più avanti, grandioso, il viale dei glicini in piena fioritura, con le macchie di azalee fino alla sommità, dove si apre l'angolo elegante delle camelie.

giovedì 17 aprile 2025

Buona Pasqua

“Accosta il Mistero     Cogli la Presenza        Sperimenta la Gioia

Fonda la Speranza     Condividi l’Annuncio       Celebra la Vita”

Lucas Cranach il Vecchio, Resurrezione, 1530
“Solo Tu non devi nulla a nessuno. Nelle tue  mani passa il giorno, nelle tue mani passa la notte. Tu sei mio padre, Tu sei mia madre” (Preghiera africana). 
 
“Bisogna salvarsi insieme; bisogna arrivare insieme dal buon Dio, bisogna presentarsi insieme;  non bisogna arrivare a trovare  il buon Dio gli uni senza gli altri. Dovremo tornare tutti insieme nella casa del padre. Bisogna anche pensare un poco agli altri; bisogna lavorare un poco gli uni per gli altri. Che si direbbe se arrivassimo, se tornassimo gli uni senza gli altri?” (Ch. Péguy, Il mistero della carità di Giovanna d’Arco, AVE, Roma, 1066, pag. 35: parla Alvietta, la piccola amica di Giovanna).

Auguri di Buona Pasqua a tutti

da Rossana, Rosario, Gian Maria

- Alle credenti e ai credenti cristiani che in questi giorni celebrano il Mistero più alto e più profondo della loro fede e credono in Gesù Cristo, figlio di Dio Padre, nella Sua passione e morte, nella resurrezione, nella Pentecoste. A tutti auguriamo l’esperienza di un incontro e di una scoperta personale del Dio vivente, camminando insieme al suo fianco, come sulla strada di Emmaus dove Dio si rivela il Dio fedele che mantiene le sue promesse.

- Ai fratelli-sorelle Ebrei che il 12 aprile hanno celebrato la Pasqua (Pesach, la cui festività si prolunga sino al 20 aprile): l’uscita del popolo ebraico dal deserto sotto la guida di Mosé e la liberazione dal regime di schiavitù in Egitto.

- Ai fratelli-sorelle credenti musulmani/e e di ogni fede, che ogni giorno amano e sperano.

- Ai fratelli-sorelle non credenti che ogni giorno si sforzano di rinascere a nuova vita. in particolare a coloro che si impegnano a favore delle vite altrui senza mai arrendersi, l’augurio sincero di una festa che sia autentico riposo dalle fatiche feriali, ri-scoperta di sé e della propria identità, di ri-creazione e gioia sorridente, di convivialità e reciproca ospitalità, di incontri ineffabili, di condivisione della PACE e di ogni  impegno “bello e buono” (καλός-αγαθός ) del nostro essere al mondo.

venerdì 11 aprile 2025

Testimoniare il presente

Post di Rosario Grillo
 
Alberto Giacometti, L'uomo che cammina, 1960
Mentre politici dilettanti e populisti sfrontati disputano la loro partita di ping pong, qualche studioso si domanda la ragione che ha portato la traiettoria dell’edificanda unione europea lontano dal suo bacino di nascita.
Il Mediterraneo - di esso si parla - è stato fulcro di civiltà, crogiolo, felice medium di germi diversi. (1) Forte di questa vocazione forgiava i sentimenti di coloro che nel confino di Ventotene immaginavano la costruzione federale dell’Europa. Il cronico fallimento degli Stati nazionali, infarciti del virus nazionalista, richiedeva allora di integrare la liberaldemocrazia con i principi del socialismo, aggiungendo valori del Personalismo cristiano, per incamminarsi sul binario del sovranazionale. (2)
Come narrano le fiabe, paradigmaticamente, la retta via talvolta viene smarrita. In questo smarrimento si è incagliata l’Europa, che, dal tempo di Maastricht, ha assunto una diversa strategia assegnando la priorità all’economia neoliberista.
A sua volta, questo modello è andato assumendo sfumature sempre più lontane dalla vocazione sociale (correlata al Welfare)( 3) e sempre più vicine all’urgenza della teco-finanza.
Oggi l’Europa ruota attorno all’asse dei paesi del nord, dimentica del Mediterraneo e delle sue diverse prospettive. (4) Da questa traslazione discende la sua “durezza di cuore” che la spinge a serrare i suoi confini davanti al movimento dei migranti afro asiatici, facendosi convincere dall’angosciata propaganda dei governi Meloni- Orbán. (5)

domenica 30 marzo 2025

Alla Professoressa Anna Maria Tagliasacchi

 Albenga, 30 marzo 2025

Vincent van Gogh, Ramo di mandorlo fiorito, 1890
Alla professoressa Anna Maria Tagliasacchi

Quando se ne va un’insegnante che abbiamo molto amato, sentiamo che ci accompagnerà per sempre come parte di noi.

Questo, infatti, è il "miracolo" dell’insegnamento, la traccia che lascia in chi è segnato: sentirsi intimo, senza esserlo nella quotidianità del vivere, stare dentro un legame senza espliciti vincoli, essere in relazione per sempre.

Sì, perché con lei – Professoressa Anna Maria Tagliasacchi Bonfante – abbiamo sperimentato cosa può accadere nell’ora di lezione, proprio nel senso di ciò che cade, colpisce e cambia. Nel silenzio che avvolgeva le sue spiegazioni – indelebili letture dantesche – si accendeva il fuoco della poesia, si intrecciava un intimo dialogo, ci si appassionava della sua passione, si entrava affascinati nel tempio del sapere.

Forse proprio questo caratterizzava nel profondo la sua persona, almeno nella percezione di chi l’ha conosciuta come alunno o alunna: un’idea per cui vivere, cui dedicare tutto il proprio essere. E l’idea era questa: la Scuola come luogo di significati, la cultura come via per aprire mondi, per illuminare e liberare.

Grazie Professoressa, per essere passata tra noi, con eleganza, ironia, impegno.

Non la dimenticheremo,

Rossana Rolando.

sabato 22 marzo 2025

Due orecchi ed una bocca sola. Ascoltare e ascoltarsi

 Post di Gian Maria Zavattaro
 
Henri Matisse, La conversazione, 1908-1912
“Per rendersi accessibili agli altri c’è un’arte che è necessario conoscere e che è meno facile di quanto si possa pensare: l’arte di sapere ascoltare. Pochissimi sono gli uomini e le donne che veramente sanno ascoltare; un dialogo nove volte su dieci non è altro che l’incrociarsi di due monologhi. […] Pochi sono quelli che ascoltano. Pochi ricordano d’aver due orecchi ed una bocca sola, quasi che la natura stessa li ammonisca ad ascoltare il doppio di quanto non parlino. E questo accade perché ognuno di noi è così ingombro delle sue particolari faccende, che non ha più posto per quelle dei suoi simili. È dunque indispensabile un’operazione di sgombero se si vuole che gli uomini diventino accessibili gli uni agli altri. […] Pochi lo sanno fare. I più ascoltano soltanto le parole, i suoni e non hanno orecchi per un’angoscia muta, per una mezza confidenza impacciata. Qualche volta occorre persino saper intendere “sì” quando l’altro ha detto “no”. […] Il maggior bene che possiamo fare ad una persona - disse Lavelle –- non è di farla partecipare della nostra ricchezza, ma farla consapevole di quella che possiede lei”. (Card. Suenens, Vita quotidiana Vita cristiana, ed, Paoline 1964, pp.23-25).
 
Oggi ascoltiamo tante cose ma perdiamo sempre più la capacità di metterci veramente in ascolto di   noi stessi, degli altri e soprattutto dell’altrui dolore, magari facendo finta di non vedere la straripante dimensione sociale della sofferenza che la nostra indifferenza relega ad affare privato di ognuno. Eppure questo nostro tempo dovrebbe essere tempo di ascolto dell’Altro. L’Ascolto è tra gli atti umani il più significativo e impegnativo: mi pongo davanti ad una persona che mi interpella e attende che io sia  capace di scoprire la sua gioia o il suo tormento e sappia assicurarle parole, sentimenti e concreti atti coerenti. Non è atto passivo né malcelata sopportazione: è particolare attività che si esprime nel silenzio paziente (“primo precetto dell’ascolto”), privo di qualsivoglia pregiudizio o postgiudizio.

sabato 15 marzo 2025

Un cammino possibile

Post di Rosario Grillo
Immagini tratte dalla Allegoria del buon governo di Ambrogio Lorenzetti (1290-1348).
 
“Ma gli stessi grandi popoli, si pensava, dovevano aver acquisito tanta comprensione per ciò che fra loro vi è di comune, e tanta tolleranza per quanto vi è di diverso, da non dover più, come avveniva nell’antichità classica, confondere in un unico concetto lo ‘straniero’ e il ‘ nemico’” (Freud, Sulla guerra).
 Ieri
Ambrogio Lorenzetti, Danze delle nove fanciulle (particolare)
Senza andare lontano nel tempo, nelle fibre di molta filosofia del Novecento si trova un esame attento del pericolo che potrebbe provenire dal predominio della Tecnica. Scendendo sul terreno delle argomentazioni, si evidenzia che si trattava di difendere il lato umanistico del sapere ed anche di salvaguardarne l’unità. Nel cimento, si faceva argine a empiti aggressivi, comunque forieri di un’acritica dinamicità, che sfiorava, quando addirittura non invocava, il bellicismo. Si indicava, per contrappunto, “la radura”, la poesia, la serenità della natura, la donna come portatrice di vita.
Maturava, nel frattempo, l’occasione per dare ancora uno shock all’antropocentrismo, cominciando ad esplorare il lato a-razionale (non decisamente irrazionale): l’inconscio.
Il padre della psicanalisi, Freud, predispose le “zone” della psiche con l’obiettivo - ancora dichiaratamente prigioniero del Positivismo - di ammonire l’individuo a controllare l’esuberanza delle pulsioni con la disciplina della morale sociale. Da questo contesto nasceva il suo disappunto per il precipitare del conflitto mondiale (vedi exergo).
Guerra fu ed ebbe seguito complessivamente con ben due conflitti mondiali.
Uno sguardo critico cominciava ad avvertire il peso del colonialismo, ma era troppo presto per allargare la gittata del fenomeno a tutta l’età moderna. Per allora ci si fermò al nesso tra imperialismo e colonialismo. Il progresso scientifico sembrava interagire attraverso il contributo delle esplorazioni geografiche, senza interrogarsi ancora su un aberrante principio: il “ res nullius”
Nazionalismo - antisemitismo - fascismo - nazismo - totalitarismo erano i complementi logici di quell’età.

venerdì 7 marzo 2025

Difendere il senso filosofico dell'Europa: un'idea di umanità

Post di Rossana Rolando

Mauro Biani, 5 marzo 2025
Quale piazza per l’Europa?
Il richiamo di Michele Serra ad una piazza per l’Europa si innesta su un doppio binario. Per un verso la necessità di ripensare l’Europa come soggetto autonomo, dentro la grande crisi dell’Occidente, nel momento in cui gli Stati Uniti hanno voltato altrove il loro interesse e stanno di fatto abbandonando il vecchio continente; per l’altro verso, il timore e lo sgomento che nascono dalla constatazione di realtà politiche sgretolate in opposti sovranismi, incapaci di pensare se stesse in termini comunitari nuovi.
Le proposte messe in campo fino ad oggi (Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron…) portano verso l’unico sbocco del riarmo nazionale o sovranazionale (integrare gli investimenti per una comune difesa) e del non meglio precisato prolungamento dello sforzo bellico, affinché l’Ucraina possa continuare la sua disperata resistenza, non solo per sé, ma per tutti gli altri territori che potrebbero diventare oggetto di ulteriori mire espansionistiche da parte delle malcelate ambizioni imperiali russe.
Molti, però, pur convinti della necessità di ritrovare un nuovo spazio politico per l’Europa, si defilano rispetto alla sola proposta bellicista. Si tratta quindi di vedere se la piazza per l’Europa possa essere qualcosa di diverso, meno riduttivo e divisivo.
 
Il senso dell’Europa”¹
In questa ora drammatica, non è forse inutile il riferimento al padre filosofico dell’idea europea: il grande pensatore - filosofo e matematico - Edmund Husserl (1859-1938), fondatore della corrente fenomenologica. Egli, nel pieno della crisi degli anni ’20 e ’30 del XX secolo, propone una ben precisa idea di Europa, un modello cui legare l’unica possibilità di sopravvivenza. Si è alle soglie di una grande catastrofe e il pericolo maggiore è dato dalla stanchezza dell’Europa, dalla sua mancanza di spirito: “Le nazioni europee sono ammalate, la stessa Europa, si dice, è in crisi”.²

domenica 2 marzo 2025

Lettera agli amici, in occasione degli 80 anni

 Albenga, 1 marzo 2025


Care amiche e amici che avete voluto onorarmi con i vostri auguri, vi affido qualche mio notturno ricorrente spensierato pensiero  di ringraziamento e speranza. 

Gli auguri solitamente si fanno per sottolineare qualcosa di speciale. Di per sé non c’è nulla di speciale nel compleanno, il quale non necessita di alcuno sforzo per arrivarci. Semplicemente è ricorrente vicenda alla quale nessuno può sottrarsi: tutti compiono gli anni ad un certo giorno dell’anno, segnato dalla data della propria nascita e considerato  tappa ma insieme continuazione di un cammino di vita che nessuno sa quando definitivamente si concluderà. Anzi più trascorrono gli anni e più viva in me si fa la consapevolezza di un prossimo “cursum consummavi - bonum certamen certavi? - fidem servavi?...

domenica 23 febbraio 2025

Comparazione

 Post di Rosario Grillo

Hieronymus Bosch, La nave dei folli, 1494
“Esso suscitava lo Straniero proprio là dove nessuno l’aveva presentito; rompeva la trama, scioglieva le familiarità; per mezzo suo qualcosa di umano è stato messo fuori della portata dell’uomo, e retrocesso indefinitamente dal nostro orizzonte. In una parola, si può affermare che quel gesto ha creato un’alienazione” (M. Foucault).
 
C’è una sorta di stordimento davanti alla rapidità e capillarità di esecuzione della “messa a sistema” del dispositivo di potere adottato dalle forze sovraniste nazionaliste autocratiche.
Nel volgere delle crisi del capitalismo (1), in conseguenza della gelida delusione degli spiragli di alternative, intravisti all’ora del Covid, si è concretato davanti a noi un ordine di cose con prospettive geopolitiche, politico-sociali, etico-politiche e culturali di scarso respiro democratico, anzi in gran parte antidemocratico. (2)
Si dice che la storia non si ripete mai, ma nella cornice del classico motto: historia magistra vitae, possiamo provare a cercare le forme nuove dell’accadere, visto che, nel sottofondo, sono costanti le pulsioni umane (antropologia) e certi meccanismi del potere (politica e social).
Con tale premessa rileggo il classico lavoro di Michel Foucault “Storia della follia”, la sua archeologia del sapere, la sua micro fisica del potere.

martedì 18 febbraio 2025

Favola semiseria, tra sogno e realtà

Di Gian Maria Zavattaro

Robert William Buss, Il sogno di Dickens, 1875

Gian Maria procedeva titubante verso l’appuntamento conviviale con i vecchi compagni di classe di tanto tempo prima. Aveva accettato l’invito con fatica: erano anni che non li vedeva e chissà  la faccia di tutti nello scoprire quanto il tempo aveva  segnato ciascuno: barbe bianche, capelli laddove sopravvivevano, pance e pancette ecc.ecc.
“Che fine avranno fatto i trascorsi pseudorivoluzionari? Finiti i trastulli della giovinezza, quanti si erano  convertiti al soffiar dei venti dei potenti di turno, ombrello protettivo dei propri affari e scalate sociali, politiche, culturali?” 
Lui no, lui puro (fino a un certo punto!), coerente (non sempre…) con le sue idee di impegno sociale ed accoglienza. Travèt  sino in fondo (quello sì), aveva  combattuto nel profondo per anni  ogni giorno la sua  battaglia.  L’amore, la famiglia, l’amicizia, il lavoro, l’impegno per gli altri - specie  gli ultimi e penultimi - erano stati  la sua forza motrice. Sicuro?  Sperava di sì…

domenica 9 febbraio 2025

A docenti, alunni e genitori

Post di Rossana Rolando
 
Franco Matticchio, Altalena
Due logiche vanno oggi ad inquinare la possibilità di un insegnamento significativo, veramente teso alla preparazione degli studenti e ad un’autentica educazione per la vita.
 
Da una parte, la mentalità economicistica che si è imposta, impregnando di sé il linguaggio stesso dell’Istituzione scolastica. Ecco solo alcuni esempi:
· il passaggio dalla parola “Preside” (che aveva una valenza simbolica: colui/colei che presiede all’interno della comunità, facilita i rapporti tra le varie componenti e indica la direzione) al termine “Dirigente” (ripreso dal linguaggio aziendale e rispondente a criteri di efficienza burocratica, estranea alle relazioni);
· l’uso delle espressioni credito formativo e debito formativo per indicare premi o carenze nel percorso liceale (avere e dare al posto di crescere, quantità in sostituzione di qualità);
· la riduzione del curriculum scolastico ad un numero (facendo dell’alunno una sommatoria di punteggi, anziché una persona che si sta formando);
· la sottintesa mentalità competitiva che esaspera, negli studenti, l’ansia da prestazione e porta ad idolatrare il voto, impedendone la comprensione (non giudizio sulla persona, ma misurazione di un lavoro svolto);
· la certificazione di astratte competenze con cui si svuota il processo lungo e tortuoso dell’apprendimento …
Dall’altra parte, l’approccio clientelare ormai diffuso, che costituisce la mutazione più velenosa per la scuola e fa sì che essa si trasformi in una fabbrica di prodotti appetibili (progetti di ogni genere, indirizzi liceali “più piacevoli”, attività straordinarie, viaggi…) da “vendere”, in cambio di adesioni e popolarità. Gli alunni diventano così utenti, clienti da blandire e accontentare in ogni modo, per assicurare all’Istituto sopravvivenza e prosperità, in termini numerici.

sabato 1 febbraio 2025

Mania identitaria

 Post di Rosario Grillo

Umberto Boccioni, Movimento di un corpo umano, 1909

Circola un virus parimenti dannoso di quello del COVID: è imputabile alla “mania identitaria”. Sarebbe opportuno parlare di ideologia. Dando ascolto a quanti hanno considerato chiusa l’epoca delle ideologie, adotto questa definizione che trapassa dalla maniera alla mania descrivendo così l’orbita di qualcosa che qualcuno ha chiamato “buon senso comune”. Ho con piacere notato che da qualche parte si è rilevato che lo spessore di questo senso comune collima fatalmente con la banalità, mettendo di seguito la specificazione: del male, cosicché H. Arendt ha potuto leggere un triste fenomeno storico. Fatali echi di parole e costrutti che ritornano nel tempo (1).

domenica 26 gennaio 2025

Lettera di Primo Levi, fino ad oggi sconosciuta

"Bianca carissima,
posso finalmente tentare di nuovo di scrivere a Torino: chissà che non succeda un nuovo miracolo e non ci riesca ancora di stabilire una comunicazione attraverso mezza Europa in armi. Ed ecco un riassunto della mia storia. Prima di tutto occorre qui correggere e completare tutte le vaghe notizie che ho mandato da Monowiz. L'anno di schiavitù, sotto i tedeschi, è stato spaventosamente duro: a causa della fame, del freddo, della fatica e soprattutto delle decimazioni che, a intervalli irregolari hanno diradato le nostre file. Fra i 600 partiti con me da Fossoli, sono stati scelti all'arrivo 95 uomini 'validi' per il campo di Monowiz. Degli altri, vecchi, donne, bambini, si è persa ogni traccia. Di noi 95, siamo vivi in 6... Gli altri, per lo più, sono morti di malattie o di stenti, o sono stati uccisi perché inabili al lavoro. Io ho potuto mantenermi in salute e (relativamente!) in forze, grazie alla generosità senza pari di Lorenzo Perrone, un muratore di Fossano che, oltre a permettermi di comunicare coi miei, mi ha portato quasi quotidianamente, per 6 mesi, il cibo che detraeva dalla sua misera razione..." 
 
(Lettera, fino ad oggi sconosciuta, di Primo Levi a Bianca Guidetti Serra, 27 aprile 1945, Katowice, Polonia, pubblicata da La lettura del Corriere della sera, il 19 gennaio 2025).

domenica 19 gennaio 2025

LA SFIDA DEL CORAGGIO: INSEGNARE OGGI

Post di Gian Maria Zavattaro

Immagini di Franco Matticchio (qui il sito facebook)

Franco Matticchio
“Il vero rischio della cultura contemporanea è il niente. Opinioni in libertà. Il caos non interpretato, mal interpretato, banalizzato.  Per opporsi al niente bisogna ricominciare da capo: sapere su cosa possiamo contare… Tornare alla scuola del mondo e delle idee” (M. Benasayag).                                                    

“Non possiamo aspettarci di raccogliere i fiori che non abbiamo mai piantato"… -  "La speranza non ha niente a che vedere con l'ottimismo: non è la convinzione che ciò che stiamo facendo avrà successo, ma è la certezza che ciò che stiamo facendo ha un significato. Che abbia successo o meno" (V. Havel).

Coraggio: cuori pensanti che sperano, camminano insieme giovani adulti anziani, non si arrendono.

Sfida: provocazione con lo scopo di suscitare comunque reazioni….

Emergenza: situazione critica di estrema pericolosità pubblica che richiede risposte immediate.

Educazione: ex-ducere, condurre fuori (dal caos, dalla frammentazione, e insignificanza).

Insegnare: lat. insĭgnare, imprimere segni.

E evidente, almeno per me e per tanti, che la scuola è strettamente connessa al processo educativo: non è il tutto dell’educazione soprattutto nell’odierno pullulare mediatico dei social, I.A., agenzie alternative dalle forme più svariate: suadenti, seducenti, efficaci e per questo molto pericolose.  La scuola - con la famiglia - rimane  il “luogo” intenzionale e sociale più rilevante. Insegnare non è solo trasmettere nozioni: è entrare in relazione, interagire, comunicare in una dialettica di messaggi dati e ricevuti, verbali e non verbali, che compongono la comunicazione e relazione interpersonale. L’insegnamento, qualunque cosa si insegni, è sempre proposta di conferimento di senso. Non esiste scuola neutrale: non lo è la confessionale, non lo è la privata, non lo è quella laica Costituzionale. Chi non crede nel compito educativo della scuola (ogni scuola!) offende la propria ed altrui intelligenza, riduce la scuola a non-luogo, (1) che provoca ciò che Mounier, in riferimento a certe perverse prassi educative, chiamava “strage degli innocenti”.

giovedì 2 gennaio 2025

La crisi della figura educante, specialista in umanità

Post di Rossana Rolando
Immagini di Monica Barengo (qui il sito)
 
Illustrazione di Monica Barengo
Oggi viviamo una profonda crisi pedagogica - dalla famiglia alla scuola alle altre agenzie educative -, tanto più evidente nella prospettiva di un largo uso dei mezzi tecnologici, certamente utili ai fini dell’informazione, ma in nessun modo sostitutivi della dimensione educativa. A questo si aggiunga un disorientamento valoriale che fatica ad individuare finalità, obiettivi di crescita ed umanizzazione - da proporre alle nuove generazioni – e che rimane imprigionato in alienanti logiche competitive, tutte tese al successo e al primato individuale. Al malessere diffuso, a livello giovanile, si reagisce delegando ai tecnici delle scienze umane - psicologi, pedagogisti, educatori di professione - cui si chiede di supplire alla diffusa inadeguatezza della figura educante, sperimentata in età adulta.
Le domande ineludibili – che pongono questioni difficilissime, ma decisive per il nostro futuro – sono però le seguenti: chi è l’educatore/l’educatrice? Esiste un professionista dell’educazione? Educare è un mestiere? Una vocazione? Un ruolo dato dal ricoprire una certa posizione, ad esempio quella di genitore o di insegnante?
Come risulta chiaro, non intendo qui riferirmi a teorie pedagogiche, quanto piuttosto alla figura di chi educa, alle caratteristiche che deve avere, ai fini cui deve tendere, perché la sua azione lasci un segno.